L’applicazione dei contratti di solidarietà è appena iniziata e già sono sotto gli occhi di tutti gli effetti nefasti di tali accordi: l’organizzazione risulta ingessata e incapace di offrire un’offerta competitiva e flessibile alla clientela mentre, al contempo, numerose attività continuano ad essere svolte all’esterno del perimetro aziendale e/o da consulenti esterni.
A ciò si aggiunge l’intenzionale confusione ingenerata tra il «personale con livello di inquadramento 6°, 7°» dalle direttive provenienti da People Value, mai formalizzate per iscritto, attraverso le quali viene di fatto unilateralmente revocata la rilevazione della presenza attraverso una “unica timbratura” nella giornata lavorativa, e intimato l’obbligo di osservare il normale orario di lavoro, con pausa minima di 30 minuti (in caso di mancata timbratura della pausa questa viene considerata in un’ora).
Il concetto viene espresso indirettamente anche nel documento «Aspetti normativi e procedurali del Contratto di solidarietà», inviato a tutto il personale da Mario Di Loreto, quando al punto 3 (Rapporti tra CdS e orario di lavoro), lett. a) (Orario di lavoro), l’azienda afferma «Durante la vigenza del Contratto di Solidarietà non possono essere effettuate prestazioni eccedenti il normale orario di lavoro; ciò vale per tutti lavoratori ai quali si applica il CdS indipendentemente dal livello di inquadramento, dalla categoria di appartenenza e dalla flessibilità dell’orario stesso».
Ma quale è il normale orario di lavoro del personale con inquadramento 6° e 7° livello?
Il tema del normale orario di lavoro è regolato dal d.lgs 66/2003: l’art. 3 (Orario normale di lavoro), dispone che: «1. L’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali. 2. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno».
Lo stesso decreto legislativo dispone alcune deroghe: in particolare l’art. 17, punto 5, prevede che «Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 3, 4, 5, 7, 8, 12 e 13 non si applicano ai lavoratori la cui durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta: a) di dirigenti, di personale direttivo delle aziende o di altre persone aventi potere di decisione autonomo; …»
Le deroghe riguardano l’art. 3, Orario normale di lavoro, l’art. 4, Durata massima dell’orario di lavoro, l’art. 5, Lavoro straordinario, l’art. 7, Riposo giornaliero l’art. 8, Pause, l’art. 12, Modalità di organizzazione del lavoro notturno e obblighi di comunicazione e l’art. 13, Durata del lavoro notturno.
Il tema è ripreso nella contrattazione collettiva, dove viene espressamente individuato il personale con inquadramento 6° e 7° livello tra quello rientrante nella deroga prevista dall’art. 17, punto 5, d.lgs 66/2003.
In particolare la Nota a verbale dell’art. 26 del vigente CCNL telecomunicazioni dispone che «Le Parti, viste le disposizioni di cui all’ art. 17 comma 5 lett. a) del d.lgs. n. 66 del 2003, si danno reciprocamente atto che ai lavoratori inquadrati nei livelli 6° e 7°, in quanto personale con funzioni direttive, non spetta il compenso per le prestazioni eccedenti l’orario normale contrattuale. Restano salvi i trattamenti di miglior favore in essere».
Inoltre, nella nota a verbale, punto 2, alla lettera C) dell’accordo del 16 luglio del 2001, applicato al personale di Telecom Italia, è stato previsto che «L’Azienda completerà l’estensione della cd. “timbratura unica” ai dipendenti di 6° e 7° livello, in quanto personale con funzioni direttive, anche tenendo conto delle eventuali compatibilità gestionali».
Dalle norme citate si evince senza alcun dubbio, come confermato più volte dalla giurisprudenza di merito, che il personale inquadrato nel 6° e 7° livello non è tenuto al rispetto di un orario, giornaliero o settimanale, minimo o massimo, in considerazione che, per precisa previsione contrattuale, è individuato quale «personale con funzioni direttive», la cui prestazione lavorativa deve essere valutata sulla base dei risultati raggiunti e non in base alle ore di lavoro, giornaliere o settimanali, effettivamente effettuate.
Tanto meno è previsto per questo personale alcun obbligo di effettuare una pausa lavorativa determinata.
Il vertice di Telecom Italia, in sostanza, sta abusando del potere disciplinare esercitabile nei confronti del proprio personale, per imporre, tacitamente, una modifica contrattuale unilaterale peggiorativa rispetto alle vigenti norme di legge e di contratto, pur nella consapevolezza della illegittimità della sua pretesa e del riverbero negativo che l’applicazione dei CdS determinerà sugli stessi obiettivi aziendali.
E’ ora di dire basta a questa farsa, i Cds nuocciono alla salute dell’Azienda, oltreché alle tasche dei lavoratori/trici e alla cassa dell’INPS. Altro che esuberi, Telecom Italia ha necessità di assumere nuovo personale, come ripetuto più volte dallo stesso A.D.;
se si vuole rilanciare la competitività di questa azienda
I CDS VANNO IMMEDIATAMENTE REVOCATI PER TUTTO IL PERSONALE!!!
COBAS Telecom