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All’inizio di questa difficile vertenza per salvare i siti di Padova e di Pozzuoli, e tutti i posti di lavoro, avevamo messo subito in chiaro che era necessario evidenziare una discontinuità con la gestione che CGIL, CISL e UIL avevano fatto della vertenza Almaviva di due anni prima, e che aveva portato a un rovinoso disastro per i lavoratori e le lavoratrici.

L’esito dei cosiddetti “tavoli territoriali” tenutisi negli scorsi giorni in Veneto e in Campania non ha però portato ad alcun passo in avanti la vertenza. Nonostante nella giornata di ieri si fosse aperto un leggero spiraglio per la sede di Padova in cui l’azienda chiedeva il solito scambio fra mantenimento dell’occupazione e maggiore flessibilità salariale, oraria e normativa per i lavoratori (cioè un peggioramento complessivo delle condizioni), nella giornata di oggi tale spiraglio si è chiuso. L’azienda come già aveva fatto qualche giorno prima per Pozzuoli, giustificando la chiusura aziendale con improbabili giustificazioni dal vago retrogusto discriminatorio (nessun committente sarebbe interessato a portare una lavorazione sufficientemente remunerativa nel sito campano), ha confermato anche la chiusura del sito di Padova in quanto ritenuto inefficiente.

La vertenza verrà riportata sul piano nazionale con un incontro tra le segreterie nazionali di Slc, Fistel , Uilcom e l’azienda che si dovrebbe tenere il prossimo 18 giugno.

Intanto, come era successo nel caso di Almaviva, vanno segnalate le incomprensibili contraddizioni insorte fra le tre sigle confederali sulla gestione degli incontri territoriali in Campania, contraddizioni che hanno provocato evidente confusione e disorientamento fra i colleghi e le colleghe di Pozzuoli. Last but not least, ricordiamo che ci sono centinaia di lavoratori ancora in FIS ad Ivrea e a Olbia, mentre quotidianamente in tutte le sedi l’azienda reitera richieste sempre più pressanti di flessibilità…

Il pericolo di una nuova “Caporetto” sindacale è tutt’altro che remoto in questa vertenza, ma se la dirigenza di Fistel, Slc e Uilcom non se ne rende conto, i lavoratori e le lavoratrici di tutti i siti devono farlo.

La vertenza Comdata riguarda tutti perchè difendendo le sedi di Padova e Pozzuoli si difendono tutti i  posti di lavoro dentro un  piano generale e una mobilitazione nazionale.

Non si può tollerare che una multinazionale con 43mila dipendenti e che fa 700 milioni di euro di fatturato (dati 2017) pretenda di buttare per strada 260 persone senza trovare soluzioni che salvino reddito e occupazione, scaricando sui lavoratori tutte le conseguenze di anni di scelte aziendali a dir poco discutibili. 

Non è giustificabile l’atteggiamento di un’azienda che vuole chiudere delle sedi in Italia, dopo aver delocalizzato all’estero attività che sono nate e si sono sviluppate proprio in quelle sedi (come ad esempio la Phone Collection di Wind, nata sul sito di Pozzuoli nel 2010).

La mobilitazione deve coinvolgere la politica a tutti i livelli: si è insediato un nuovo governo, che ha inserito nei punti cardine del suo “contratto” il sostegno ad un lavoro stabile e dignitoso, e c’è un nuovo ministro del Lavoro nella pienezza dei suoi poteri. Va chiesto immediatamente un incontro al MISE. 

La regione Campania deve ufficialmente e pubblicamente dare una risposta e spiegare se ci sono oggettivi motivi per scartare quella regione dalla distribuzione delle commesse, o se si tratta di puri pretesti che nascondono pericolose strategie o, peggio, aberranti discriminazioni, da parte di Comdata e delle aziende committenti.

Bisogna tirare in ballo le aziende committenti e inchiodarle alle loro responsabilità. Le vertenze aperte sull’occupazione nel settore (TIM, IOL, Comdata, ecc.) vanno inoltre messe sul tavolo delle trattative per il rinnovo del CCNL come condizione discriminante.

Insomma, bisogna unire ciò che è diviso e bisogna mantenere unito ciò che la controparte vuole dividere.  

Da parte nostra metteremo in campo ogni risorsa disponibile per non lasciare soli i lavoratori e le lavoratrici di Padova e Pozzuoli e per fermare questa ennesima vergogna. 

Cobas Comdata

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