La mancata erogazione del PDR coglie di sorpresa soltanto chi sta vivendo questi ultimi mesi con una benda sugli occhi e tappi nelle orecchie.
Nel comunicato di Marzo scorso sul Piano Industriale spiegammo le logiche contabili adottate nel bilancio ovviamente orientate a vanificare qualsiasi dato positivo e non avevamo bisogno di aspettare la riunione dell’osservatorio sul PDR per capirne gli esiti.
RICORDIAMO CHE L’AZIENDA HA SCELTO DI ANTICIPARE GLI ONERI DEL PROSSIMO TRIENNIO (imposte e svalutazioni straordinarie) e questo ha fatto sparire l’ebitda positivo (4.358 mln di € domestico). Un EBITDA certamente in calo rispetto al 2020 dove era stato erogato il PDR (5.080 mln di €) ma ricordiamo che gli eccezionali risultati del 2020 erano stati sostenuti anche grazie ai Voucher (contributo statale) per le attivazioni relative alle connessioni della banda larga.
L’altro dato che ha inciso sulla scelta di non concederci il PDR è il risultato disatteso relativo all’accordo con DAZN. Una scelta industriale come tante in passato e i cui esititi non dipendono certo dalla produttività di lavoratori e lavoratrici (tecnici e impiegati).
E mentre le bollette vanno alle stelle e il carico dei costi della crisi grava sempre di più sui nostri salari, il TOP MANAGEMENT si premia per i risultati operativi ottenuti.
I prossimi obiettivi probabilmente li vorranno raggiungere e perseguire (concedendoci magari l’elemosina di una “UNATANTUM”) con lo SPEZZATINO o la vendita degli ASSET MIGLIORI ai peggior offerenti, stressando l’organizzazione del lavoro con scelte assurde che sanno più di accanimento che di ricerca di un miglioramento produttivo, decurtando i nostri stipendi con l’ennesima CDE\CDS per FINANZIARE LE 8000 USCITE PREVISTE, cogliendo così “due piccioni con una fava”: l’abbattimento del costo del lavoro e attingendo ad ulteriori contributi pubblici.
C’è ancora chi si chiede perché siamo contro lo spezzatino e per il ritorno ad un controllo pubblico.
La risposta è semplice: perché i soldi sono sempre i nostri e perché la gestione privatistica e la spasmodica ricerca del profitto ha condotto questa azienda sul ciglio di un pericoloso burrone. A farne le spese oltre ai lavoratori e alle lavoratrici è anche il Paese.
Roma 10/05/2022
COBAS TIM