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Ad un anno di distanza dalla disdetta del contratto di II livello in Tim è giunto il momento di fare un bilancio sia sugli effetti nefasti della perdita del contratto che sulla capacità che abbiamo messo in campo per contrapporci alle volontà padronali.

Insieme, ma non unitariamente, abbiamo affrontato tematiche come le decurtazioni salariali, contrazioni di diritti, pressioni gerarchiche, riduzioni di ferie e permessi e contestualmente anche un restringimento dell’autonomia nel gestirli.

Tutti insieme e sporadicamente uniti, abbiamo sperimentato nuove e vecchie forme di conflitto sindacale, abbiamo visto nascere collettivi di lotta di lavoratori autorganizzati, verificando passo dopo passo ciò che è efficace e quanto invece la divisione sindacale sia carbone nella locomotiva aziendale, il tradimento di alcune OO.SS. o la negazione della propria funzione da parte di alcune RSU, nonché l’arretramento dei colleghi non appena hanno visto cadere briciole dal tavolo.

Abbiamo sentito giustificare l’architettura di un PDR negato da anni, addirittura per palesi colpe manageriali, con la richiesta di performances articolate e più che altro inarrivabili, per poi assistere all’elargizione di 25 milioni di euro di buonuscita più i 3 milioni di euro di entrata, per un incarico durato poco più di un anno e senza il raggiungimento reale e consolidato degli obiettivi.

Sentiamo, verso coloro che oggi sono seduti con l’azienda nella speranza che la bufera sia cessata, la responsabilità di avvertirli dell’abbaglio in cui stanno cadendo mentre a chi va sbandierando l’inutilità di quanto è stato fatto nell’ultimo anno, con la ferma opposizione alla macelleria perpetrata, abbiamo il dovere di far notare che se la valanga non ci ha completamente travolti è grazie al coraggio ed alla determinazione di chi si è organizzato e autorganizzato per una risposta all’altezza: riuscendo a volte a rimandare al mittente l’attacco, a volte sollecitando o elaborando una difesa collettiva.

Negli ultimi mesi, mentre si strutturavano i ricorsi legali sui diritti persi, si è deciso di partire con una proposta di riflessione collettiva che potesse portare al rilancio conflittuale volto alla riconquista di un contratto di II livello che restituisca o (come si diceva una volta) “armonizzi” quanto ci fu tolto dal CCNL di settore SIP/Telecom, ma anche che possa essere una diga alla devastante proposta ASSTEL di rinnovo per il I livello.

Noi, il contratto non l’abbiamo dimenticato né riteniamo accettabile che l’azienda principale del settore operi in deroga al CCNL e senza un contratto di II livello, o peggio ancora lasciando che regole e remunerazioni siano decise unilateralmente dall’azienda. Non solo per noi dipendenti Tim ma consapevoli che ciò scatenerebbe un dumping contrattuale negli altri operatori più deboli economicamente e sindacalmente, che non possiamo trascurare.

Per queste motivazioni invitiamo i lavoratori e le lavoratrici delle altre aziende TLC a questa discussione, in particolare chi è stato già colpito da politiche aziendali fatte di licenziamenti e salari da fame.

Il dibattito prodotto in questi mesi ha assunto anche la necessità di far emergere la parola dei lavoratori sul tema arrivato alla ribalta dei media solo negli ultimi tempi ma agitato come parola d’ordine da sempre da alcune OO.SS.: l’intervento pubblico nell’azionariato del Gruppo Telecom.

Intervento pubblico non è più rimandabile soprattutto per le questioni di sicurezza per le quali in queste ore si cerca di mettere una classica toppa – con l’inserimento di una supervisione degli apparati di sicurezza dello Stato. Mossa che non nulla risolve in termini di stabilità di un azionariato di riferimento con interessi industriali di medio lungo periodo, ma che pare avere come unico scopo speculazioni finanziarie o peggio ancora un utilizzo di Tim come moneta di scambio per altri famelici interessi e non certo un serio piano industriale di sviluppo che rilancia seriamente una più grandi aziende del paese.

L’intervento pubblico che chiediamo non è meramente funzionale ad una stabilità occupazionale ma anche come unica garanzia di interesse da parte di chi detiene le infrastrutture di rete necessarie allo sviluppo delle TLC in Italia, volano per qualsiasi ripresa economica e industriale che possa dare al paese una prospettiva lontana dalla disoccupazione precarietà e deindustrializzazione che stiamo vivendo nell’ultimo decennio in maniera preoccupante.

Infine vogliamo porre l’attenzione al valore aggiunto che ha avuto la mobilitazione in questo ultimo anno. Se una miglioria è stata portata nelle condizioni di lavoro dalla disdetta del contratto di II livello in TIM è stata nella partecipazione e nel protagonismo dei lavoratori. All’indomani dell’esempio di Almaviva Roma, migliaia di lavoratori del Gruppo Telecom hanno preso consapevolezza che non era più tempo di aspettare le mosse di elefantiache organizzazioni, impegnate a tenere insieme equilibri non più sostenibili tra interessi politici di bottega e diritti calpestati dei lavoratori.

La presa di coscienza di quanto accadeva, insieme alla volontà di agitare strumenti di conflitto efficaci e diretti, senza mediazioni sfiancanti ed effimere di questa o quella burocrazia sindacale tutte tese più a trovare soluzioni per ampliare i propri campi di influenza più che a disinnescare il dispositivo di annientamento di diritti e salario sono state la novità che ha disorientato sia l’Azienda che l’apparato sindacale assuefatto ai teoremi confindustriali.

Protagonismo nato su una vertenza aziendale che ha avuto la bontà di impantanare anche la trattiva sul CCNL di settore a beneficio di tutti i lavoratori del comparto.

Un modello che, insieme alle OO.SS. che hanno sostenuto il movimento e fornito il proprio contributo, vogliamo riproporre, migliorare e rilanciare per dare gambe alle nostre rivendicazioni. Rivendicazioni che se sono entrate direttamente sul tavolo delle trattativa è perché sono state imposte dalla mobilitazione autonoma e diretta dei lavoratori e le lavoratrici che non accettavano i diktat aziendali né tantomeno le scellerate condivisioni di pseudo organizzazioni sindacali. Un modello che ha rappresentato le istanze dei lavoratori direttamente e con chiarezza, sconfessando chi ha tentato di auto-eleggersi unico delegato alla trattativa con l’azienda: insomma un modello che non possiamo permetterci di abbandonare.

Per questo e per molto altro da approfondire e condividere insieme invitiamo tutti all’assemblea nazionale che si terrà 2 DICEMBRE 2017 – ORE 10,30 – ROMA CINEMA PALAZZO – Piazza dei Sanniti (San Lorenzo)

dove saremo chiamati a confrontarci, al di là delle appartenenze sindacali, su un piano di lavoro che riprenda la mobilitazione e il conflitto in azienda e nel settore delle TLC

Per un rinnovo contrattuale che riconquisti diritti e salario.

Per un TIM unica e pubblica.

Per aumenti salariali e la riconquista dei diritti di noi lavoratori che ci sono stati sottratti

Per un movimento sindacale unito e compatto che difenda realmente gli interessi dei lavoratori

Per un sempre più allargato movimento autorganizzato dei lavoratori che non deleghi più

ma che in prima persona lotti contro i soprusi padronali

PROMOTORI: CUB, COBAS, SNATER, C.L.A.T.