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Il 5 aprile, apprendiamo da un comunicato ufficiale, che Cassa Depositi e Prestiti ha deliberato l’ingresso nell’azionariato TIM Spa con una prospettiva di lungo periodo, con l’acquisizione fino al 5% del Capitale.

Questa decisione (si legge sempre nel comunicato) rientra nella missione istituzionale di CDP a supporto delle infrastrutture strategiche nazionali e vuole rappresentare un sostegno al percorso di sviluppo e creazione di valore in un settore di  primario interesse per il Paese.

Non possiamo che esprimere soddisfazione per questa scelta, visto che da molti anni peroriamo la necessità di un intervento “pubblico”,  che riteniamo fondamentale per il futuro della società e,  a questo proposito non possiamo che ricordare l’ART. 43 della Costituzione per il quale:

“A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.

E’ dal 2013 che stiamo presentando alle istituzioni un piano organico di intervento pubblico in TIM spa che, se fosse stato attuato in tempo, avrebbe fatto risparmiare al Paese un GAP TECNOLOGICO imbarazzante, ai lavoratori e alle lavoratrici di TIM peggioramenti delle proprie condizioni di lavoro e salariali (grazie ad accordi reiterati in modo miope da CGIL-CISL-UIL con l’accodamento UGL), nonché infine, ma non per ordine di importanza, la salvaguardia dell’occupazione nell’indotto.

CERTO NON CREDIAMO che l’ingresso di CDP possa risolvere “tutti i mali”, né che possa essere restituito quanto fino ad oggi perso ma, certamente, la prospettiva è cambiata.

Il ritorno di un nocciolo di azionariato di lunga durata, con l’unico interesse verso le infrastrutture del Paese, potrebbe (il condizionale è d’obbligo) rendere più stabile la Governance Aziendale ostacolando il continuo girovagare di AD, le avventuristiche operazioni di Trust o proteggendola dalle oscillazioni di Borsa e magari, favorendo relazioni sindacali più orientate allo sviluppo del servizio e del benessere dei dipendenti.

Auspichiamo che la presenza di CDP nel CDA sia garante per gli interessi più ampi del Paese e renda perciò poco appetibili le battaglie piratesche tra Fondi e soggetti finanziari, per propria natura assai poco inclini a veri piani industriali di sviluppo delle infrastrutture di rete e dei servizi. 

SAPPIAMO ANCHE BENE CHE LA CDP, da anni non è più quel soggetto interamente pubblico che vorremmo. Conosciamo bene le sue operazioni speculative sulla vendita del patrimonio pubblico,  ma  al contempo, riteniamo che sia un importante primo passo sia per invertire la tendenza delle privatizzazioni, sia per sventare la paventata separazione della rete. 

TUTTI sanno che ci troveranno sempre al nostro posto, con qualsiasi interlocutore soprattutto se si continueranno a proporre sacrifici ai lavoratori e alle lavoratrici e soprattutto se, l’obiettivo della operazione di CDP dovesse avere come fine ultimo quello del mero scorporo della RETE dall’Azienda per risolvere il “pasticcio OPEN FIBER”.

Una operazione (quella dello scorporo) che potrebbe trovare alleati pericolosi nei Fondi Speculativi all’attacco dell’attuale proprietà, il consenso delle forze politiche emergenti e personaggi della vecchia Repubblica pronti ad assumere il classico ruolo dei Timonieri ben pagati.

TELECOM ITALIA UNICA E PUBBLICA è, e rimane,  la nostra soluzione all’arretratezza tecnologica del Paese, al dumping salariale e al ricatto occupazionale.

Ci hanno chiamato Don Chisciotte, ci hanno detto – dal 2013 ad oggi – che le proposte di ingresso di CDP nel capitale azionario di TELECOM di fatto violava  anche LE NORME EUROPEE. Ed è stato un lungo elenco di Politici, giornalisti, sindacalisti collaborazionisti, lavoratrici e lavoratori rassegnati a dirci che eravamo degli illusi e che i problemi erano altri! 

Oggi scopriamo che è possibile tornare indietro se esiste la volontà politica di preservare una Azienda strategica per il Paese. 

Ai COBAS, alle Organizzazioni sindacali tutte, ai lavoratori e alle lavoratrici spetta adesso il compito di DIFENDERE L’UNICITA’ DELLA AZIENDA contro i tentativi di spacchettamento, riconquistare un contratto di secondo livello degno e non frutto dello scambio clientelare Azienda/Sindacato, e rimandare al mittente il ricatto occupazionale.  

Per questo nei giorni scorsi abbiamo chiuso le procedure di raffreddamento necessarie per l’indizione dello stato di agitazione e di sciopero. 

TELECOM ITALIA UNICA E PUBBLICA ! 

06/04/2018 

COBAS TIM

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